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Attenzione sto nascendo

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Attenzione sto nascendo articoli di VocidiBimbi.itAttenzione sto nascendo

Nessuno di noi purtroppo è in grado di ricordare la propria nascita; però possiamo tentare di immaginarci cosa abbiamo vissuto in quel momento. Questa operazione permette di comprendere più a fondo la nascita dei nostri figli e, nel contempo, provare a rivivere la nostra nascita.

Sappiamo che stare nella pancia della mamma immersi nel liquido permette di non sentire la forza di gravità e quindi di stare comodi anche a testa in giù. Il liquido che ci avvolge riesce a ridurre gli stimoli luminosi e ad attenuare quelli uditivi; possiamo sentire bene i rumori dell’intestino della mamma e un pò più lontano il rumore del suo cuore e del suo respiro. In pratica non siamo mai veramente in silenzio e non siamo mai veramente immobili; anche quando la mamma dorme, il movimento ritmico del suo respiro (tramite il diaframma) riesce a dondolarci. Le pareti dell’utero ci toccano e ci accarezzano continuamente soprattutto nelle ultime settimane di gravidanza quando lo spazio diventa veramente poco (nei momenti nei quali la mamma cammina il massaggio dell’utero è un vero piacere !).

Quando è ora di nascere il nostro cervello incomincia una stretta corrispondenza con quello della mamma: ci mandiamo diversi messaggi sotto forma di ormoni per metterci d’accordo sul da farsi. La placenta si attiva per organizzare l’evento e l’utero comincia a lavorare per prepararci la via d’uscita.

Le contrazioni hanno proprio questa funzione preparatoria e questo ci provoca una riduzione di sangue e di ossigeno. Niente paura però, perché fortunatamente noi neonati siamo tutti “doppati”; la natura infatti, conoscendo bene la difficoltà di nascere, ci ha fornito un sangue speciale per sopportare la carenza di ossigeno: abbiamo infatti l’ematocrito come quello di alcuni atleti “doppati” (noi l’eritropoietina non la compriamo al mercato nero, ma ce la produciamo da soli). Inoltre siamo già abituati a stare con poco ossigeno: la mamma non riesce a respirare per due e così ci siamo abituati a vivere come gli alpinisti a 7000-8000 metri di altitudine.

La nostra resistenza alla carenza di ossigeno ci sarà molto preziosa subito dopo la nascita per resistere un po’ di minuti se l’aria non arriva subito nei polmoni e nel sangue; per questo siamo molto più forti degli adulti e possiamo sopportare anche alcuni minuti di arresto respiratorio senza rischiare danni al cervello.

Per riuscire a passare senza danni dal canale del parto, ancora una volta, la natura ci ha fornito di mezzi speciali: le ossa del nostro cranio infatti non sono unite tra loro e questo rende la nostra testa molto elastica (se occorre possiamo ridurre la circonferenza cranica anche di due centimetri); anche tutte le altre ossa e articolazioni del nostro corpo sono molto elastiche e resistenti alla trazione.

E pensare che gli adulti ci considerano deboli e delicati; in realtà sarebbero proprio loro a non essere in grado di sopportare senza danni il trauma della nascita.

Quando finalmente riusciamo ad uscire con la testa e le spalle capiamo che la fatica è quasi finita. Ma subito dopo ci accorgiamo che quanto avevamo vissuto fino a quel momento è stato completamente stravolto e le nuove sensazioni sono tanto diverse che ci sembra quasi di morire.

Immediatamente ci sentiamo cadere a causa di una forza nuova che ci attira verso il basso, poi siamo colpiti da luci violente e i rumori, senza il filtro del liquido amniotico, ci fanno male; anche se la stanza è calda sentiamo freddo perché siamo bagnati (è un po’ come uscire da una doccia calda). Non cadiamo perchè mani sicure ci sostengono, ma essere toccati e afferrati in quel modo è spaventoso; dov’è finito il massaggio dolce dell’utero ?

Tutto questo sconvolgimento però ha una certa utilità: il nostro cervello, registrando queste sensazioni, capisce che è cambiato tutto e velocemente invia precise istruzioni agli organi sotto il suo controllo. Avvisa la gabbia toracica e i polmoni di far entrare aria, ma gli alveoli fanno fatica ad aprirsi perché devono vincere la resistenza elastica iniziale (è la stessa fatica che si incontra quando si deve gonfiare un palloncino di gomma, dopo lo sforzo iniziale però continuare a far entrare aria è molto più facile). Per eseguire con efficacia questo comando ci siamo abituati a piangere e questo aumenta la forza del nostro respiro; e poi abbiamo molti motivi per lamentarci !

Intanto il sangue del cordone ombelicale che prima andava alla placenta, ora torna indietro al nostro cuore ed è disponibile per i polmoni. In utero i nostri polmoni non dovevano funzionare e pertanto era inutile che ricevessero sangue; adesso che contengono aria hanno bisogno anche di sangue per trasportare l’ossigeno al resto del corpo. In pochi secondi quindi il nostro cuore deve cambiare la sua circolazione (ma la natura lo sapeva e aveva ancora una volta predisposto tutto); mentre in utero il sangue venoso e arterioso poteva mescolarsi, adesso in una manciata di minuti si è realizzata la separazione del cuore di destra e del cuore di sinistra; si è così formata la circolazione polmonare e quella sistemica che ci accompagnerà per tutto il resto della vita.

Quasi senza accorgercene ci ritroviamo a saper respirare da soli e a saper ossigenare autonomamente i nostri organi; e nessuno ce lo ha insegnato !

Già due o tre minuti dopo la nascita, se qualcuno ci asciuga e ci abbraccia, riusciamo a rilassarci e a smettere di lamentarci, allora possiamo aprire gli occhi e guardarci intorno soddisfatti.

In pochissimi minuti, nonostante tutto intorno a noi sia cambiato, nonostante il nostro organismo abbia modificato tutte le sue funzioni, ci sentiamo bene, adattatati al nuovo stato quasi non fosse successo niente: probabilmente è questo il vero miracolo della nascita, che nessun scienziato potrà mai spiegare.

Adesso che siamo tranquilli in braccio alla mamma (come è bella anche da fuori !) il nostro viso è rilassato e sembra esprimere tutta la fiducia possibile per il futuro. Capiamo che si stanno preparando due belle bisacce per il latte e più su scorgiamo un viso stanco ma quasi più felice del nostro. Se stiamo attenti (e se intorno non c’è troppa confusione) ci accorgiamo che è presente un’altra persona emozionata; fino ad oggi l’avevamo percepita da lontano, ma non l’avevamo ancora conosciuta bene. Dobbiamo ora toccarne la pelle e annusarne l’odore: speriamo che qualcuno ci porti tra le sue braccia. Nessuno ci ha detto che quello è il papà, ma ognuno di noi alla nascita ha già dieci miliardi di cellule nel cervello e dentro ognuna di queste cellule sono presenti 46 cromosomi, metà di questi erano suoi… .