Sonno
Gentilissimo dottore,
ancora una volta ricorro a lei per un consiglio. Sono la mamma di Margherita nata lo scorso marzo. Sta andando tutto bene. Lo svezzamento procede benissimo e Margherita è una bimba molto gioiosa e autonoma. Continua, però, ad esserci un grosso problema: il dormire. Si sveglia ancora molte volte per notte. A questo punto escludo che sia per la fame. Non è ancora capace di addormentarsi da sola. E in questo credo di non averla affatto aiutata: da quando è nata l’ho fatta addormentare attaccandola al seno e l’ho fatta dormire nel lettone. Adesso, a più di 10 mesi, si addormenta a fatica dopo averla cullata per diverso tempo e, nelle migliori delle ipotesi, dorme un paio d’ore. In sostanza si sveglia ogni due ore.
Oltre la fatica di reggere la situazione sono preoccupata per lei. Non riposa bene e a sufficienza e, anche quando ha evidentemente sonno, non riesce sempre ad addormentarsi. Non sono stata in grado di insegnarle a dormire e ora lei non è libera in questo.
Non so bene come fare. Ho letto anche il libro Fate la nanna consigliatomi da una mia amica ma l’approccio unico che va bene per tutti non mi piace molto. Oppure altri sostengono di farla piangere sino a che non si addormenta. Anche questo non riuscirei e non vorrei praticarlo. Anche perchè, oltre alla mia incapacità di reggere il suo pianto e alla ricerca da quando è nata di accompagnarla nelle fasi della crescita con gradualità e dolcezza, Margherita è una bimba molto cocciuta, in grado di piangere per ore senza mollare, anzi…innervosendosi sempre più. Quindi rischierei di ottenere l’effetto opposto a quello desiderato.
Come posso procedere per cercare di farla dormire nel suo letto sempre più a lungo e ad insegnarle la libertà di dormire quando vuole o ne ha bisogno? Grazie mille per i preziosi consigli che potrà darmi.
Cara mamma,
Se Margherita quando è sveglia “è una bimba molto gioiosa e autonoma”, trovo abbastanza normale che sfoghi nel sonno le sue difficoltà e le sue paure. All’età di Margherita si comincia a diventare consapevoli della propria individualità e a capire che gli altri non fanno parte di noi e che quindi possono abbandonarci; a questa età comincia lo sforzo (che durerà tutta la vita) di adattare i propri bisogni all’ambiente e alle persone che ci sono vicine, a fare i conti con i propri limiti e le proprie possibilità; Margherita ha iniziato la grande avventura (che procede per tentativi ed errori) di camminare verso la completa autonomia.
La difficoltà ad addormentarsi nasconde un’inevitabile paura a lasciare il mondo reale (quello dove la mamma e il papà si possono toccare) per abbandonarsi al mondo dei sogni (e a tutte le paure che nei sogni riescono a farla da padroni); i risvegli periodici (ad esempio ogni 2 ore) dipendono invece dalla difficoltà di passare agevolmente e autonomamente dal sonno profondo al sonno leggero (chiamato tecnicamente sonno REM, quello dei sogni) e viceversa. Se vediamo le cose dal punto di vista di Margherita probabilmente non facciamo molta fatica a capire, e quindi a giustificare, il suo “grosso problema del dormire”.
Detto questo come possiamo aiutare Margherita ad imparare a dormire? Per non imbrogliare nessuno le dico subito che né io né altri abbiamo la ricetta in tasca, e in molti casi nonostante la buona volontà e l’impegno, il problema può rimanere per tutto il secondo (e in casi rari anche il terzo) anno di vita, dopodiché la situazione generalmente migliora quasi per incanto in maniera spontanea.
Qualche suggerimento per i prossimi mesi possiamo comunque tentarlo:
- Personalmente sconsiglio il metodo di lasciar piangere a lungo un bambino (che piangendo esprime efficacemente il proprio profondo disagio); gli faremmo soltanto sperimentare quello che lui teme di più: l’abbandono e la necessità di doversi arrangiare da solo, di dover contare soltanto su se stesso, di constatare che non c’è nessuno ad aiutarlo nella titanica impresa di crescere e vivere in questo strano mondo. Ancora più sconsigliati sono i farmaci per dormire che stanno diventando di moda anche da noi: hanno tutti un’azione diretta sul sistema nervoso (che nel primo anno di vita è ancora i corso di maturazione).
- L’ errore principale (inevitabile nei primi mesi) è quello di continuare a fare addormentare il bambino in braccio anche dopo i primi mesi di vita; al primo risveglio (o nel passaggio al sonno REM) il bambino ricerca l’abbraccio e il contatto perduto. Dal 4-5 mese è utile iniziare a tentare l’addormentamento direttamente in culla o nel lettino, rimanendo lì vicino, parlando o cantando o leggendo, oppure accarezzando o tenendo la mano; facendo cioè qualcosa che rassicuri e che faccia sperimentare al bambino che la sua difficoltà è compresa e condivisa e che c’è comunque qualcuno disponibile ad accompagnarlo nella sua impresa. Il bambino deve cioè avere la possibilità di provare e lo stimolo per impegnarsi, ma anche la certezza che non è solo e che può fidarsi (oltre che di se stesso) anche degli altri.
- Alla fine del primo anno e nel corso del secondo risulta molto utile usare quello che gli psicologi chiamano l’oggetto transizionale (praticamente la coperta di Linus), un bambolotto, un peluche, un feticcio, che per il bambino sia significativo e del quale possa fidarsi come di un vecchio amico.
- Non è molto importante che il suo letto sia in camera nostra o in un’altra stanza, ma sicuramente per lui poter esserci vicino, sentire la nostra presenza, rappresenta un modo più facile per imparare a fidarsi delle proprie possibilità e per noi un modo più facile per aiutarlo. Un grande pediatra come Brazelton si chiede se la nostra cultura non sia troppo esigente quando chiede ad un bambino piccolo di imparare a dormire in una stanza tutto solo.
- Per quanto riguarda i risvegli, la tecnica che mi sento di consigliare è quella di aspettare qualche minuto (2-3) prima di andare da lui, allo scopo di lasciargli il tempo sufficiente per provare a consolarsi in maniera autonoma e sperimentare le proprie capacità. Dopo questi pochi minuti possiamo provare a parlargli per rassicurarlo, in caso di insuccesso andiamogli pure vicino, ma tentiamo ancora di consolarlo senza prenderlo in braccio, con carezze e contatto; soltanto se è davvero disperato e inconsolabile prendiamolo in braccio. In particolare dopo il 4-5 mese, questa modalità rassicurante e graduale può aiutare il bambino ad imparare l’autonomia attraverso l’esperienza positiva delle proprie capacità.
- Se finiamo per portarlo a letto con noi, sarebbe utile evitare che il suo risveglio avvenga nel lettone, per evitare che sperimenti e riconosca quello come il luogo del proprio sonno. Aspettiamo che sia nel sonno profondo (quando cioè ha un respiro regolare e non presenta alcun movimento) e riportiamolo nel suo letto, dove potrà svegliarsi e ritrovarsi.
Altri consigli non mi sento di poter dare, perché ogni bambino è diverso e ogni genitore ha il compito, difficile e stupendo al tempo stesso, di scoprire cosa è più utile per il proprio bambino.
Approvo molto la sua intenzione, lucida e consapevole, di accompagnare la crescita di sua figlia con “gradualità e dolcezza”; non si discosti mai da questo fondamentale proposito, anche a costo di dover tollerare alcuni “insuccessi” come questo del dormire, e non dubiti mai che voler bene e dimostrare affetto possa essere un segno di debolezza che non aiuta a crescere; molte ricerche nel campo sociologico e psicologico stanno dimostrando che i sentimenti positivi sperimentati nei primi due anni di vita stimolano la fiducia in se stessi e l’autostima, favorendo nelle età successive la capacità di relazioni positive e di comportamenti sociali.
Tanti saluti a lei e a Margherita.