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Premi o punizioni ?

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Premi o punizioni articoli di VocidiBimbi.it

Premi o punizioni ?

Una possibile risposta potrebbe essere: ‘né premi, né punizioni’. Soprattutto se l’obiettivo è fare acquistare a nostro figlio la conoscenza dei propri limiti e il controllo del proprio comportamento. Utilizzare la paura della punizione o la gratificazione di un premio, nella migliore delle ipotesi, produce un bambino ubbidiente, semplicemente disposto a fare ciò che noi vogliamo.

Spesso noi genitori utilizziamo la punizione (o la minaccia della punizione) con l’intenzione di insegnare ciò che non si deve fare, servendoci dei premi per rinforzare i giusti comportamenti. A volte però dovremmo cercare di resistere al piacere di vedere nostro figlio ubbidire prontamente ai nostri ordini; nonostante la nostra buona fede, quando indirizziamo i suoi comportamenti non sempre lo stiamo aiutando a crescere.

Il problema non è tanto decidere se essere permissivi o severi (a volte sono inopportuni entrambi gli atteggiamenti), quanto riflettere su come favorire in nostro figlio il suo personale cammino di crescita e di maturazione. Per il desiderio di ‘educarlo’ al giusto comportamento, rischiamo di ostacolare quel lento e complesso processo che lo porterà al controllo dei sentimenti e dei comportamenti, fino a quella fondamentale competenza che chiamiamo autonomia.

Nostro figlio sarà pronto per vivere senza il nostro sostegno soltanto dopo aver sperimentato i propri limiti e imparato a dominare i propri impulsi (sia negativi che positivi). Ma come raggiungere questo traguardo? Come aiutarlo a capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato? Come impedirgli di fare errori troppo gravi e irreparabili?

Le risposte a queste domande non sono né semplici né univoche. Molto dipenderà anche da come noi stessi siamo stati trattati da piccoli. Soprattutto coloro che sono stati educati in maniera severa per reazione potranno manifestare atteggiamenti permissivi oppure ripetere gli atteggiamenti coercitivi subiti per non avere avuto la possibilità di sperimentare forme educative diverse. E’ noto come le punizioni fisiche subite nell’infanzia possano produrre un adulto a sua volta violento; inoltre una punizione fisica non produce nessun vero apprendimento (se escludiamo il semplice timore di una nuova punizione).

Punizioni eccessive possono invece creare gravi sentimenti di frustrazione e di impotenza, col rischio di minare l’autostima e la fiducia in se stessi, favorendo comportamenti insicuri e rendendo più difficili relazioni positive. E’ anche possibile che la punizione provochi nel bambino sentimenti particolarmente negativi, come l’odio e la vendetta.

Abbastanza dannosa può anche essere la prassi di richiamare il bambino facendo paragoni con i suoi amici o i suoi fratelli; il senso di impotenza e fallimento nel vedersi misurato ad altri, può portare il bambino a convincersi di non essere bravo, scoraggiando in lui ogni tentativo di controllo dei propri sentimenti.

Anche il premio o la punizione utilizzando il cibo andrebbero evitati. In questi casi si corre il rischio di caricare l’alimentazione di valori simbolici eccessivi, impedendo a sentimenti più veri e profondi di costruire una relazione più forte. Il pranzo rischia di diventare un inutile momento di confronto-scontro, anzichè rappresentare un’occasione privilegiata per comunicare.

Qualunque errore nostro figlio abbia compiuto, non deve arrivare a pensare di aver perso il nostro affetto o addirittura di poter essere per questo abbandonato. Nessun genitore ha realmente sentimenti di questo tipo, ma se le nostre reazioni di collera diventano eccessive, il bambino potrebbe arrivare a percepirsi cattivo: completamente cattivo, per sempre cattivo. E’ molto difficile che un bambino nei primi 5-6 anni di vita possieda già gli strumenti per sopportare senza traumi un’esperienza tanto negativa.

Spesso la nostra collera è superiore a quanto l’ha provocata e le nostre reazioni sono facilmente amplificate dallo stress e dalla stanchezza, senza essere strettamente collegate all’effettivo comportamento del bambino. Se riusciamo a vedere il problema dal suo punto di vista probabilmente esso ci apparirà in tutt’altra luce.

Qualunque decisione dovremo prendere, occorrerà prima riconquistare calma e serenità, e questo riguarda sia noi che lui. Solo a quel punto potremo insieme tentare di analizzare l’errore commesso e individuare eventuali rimedi.

Per educare nostro figlio a comprendere e controllare i propri limiti è necessario che lo aiutiamo a capire dove ha sbagliato, ma anche a fargli comprendere le conseguenze delle sue azioni. Bisognerà anche evitare che venga sommerso dal tumulto dei suoi sentimenti: spesso è lui il primo ad essere irritato e dispiaciuto dal proprio comportamento.

Il bambino deve sentire che gli siamo vicini, che lo capiamo, ma che non siamo contenti di ciò che ha fatto; deve convincersi che gli vogliamo bene ugualmente, ma che gliene vogliamo molto di più se si impegna a comportarsi meglio. Dobbiamo cercare di fargli capire che non è lui che disapproviamo, ma ciò che ha fatto; non è lui ad essere cattivo, è l’azione che ha compiuto ad essere sbagliata: ‘tu non sei cattivo, tu hai fatto il cattivo, ma se vuoi e se ti impegni sei in grado di non fare più ciò che hai fatto, e io sono qui per aiutarti’.

Alla fine dovrebbe restare in lui la consapevolezza che nonostante l’errore commesso la nostra opinione su di lui non è cambiata; anche la sicurezza del nostro perdono può infondergli il coraggio di riconoscere lo sbaglio e di non ripeterlo. Se il suo comportamento lo ha portato ad urlare, sarà utile che lo sgridiamo con voce bassa e calma; se è arrivato ad agitarsi fisicamente, potremo abbracciarlo e contenerlo. Potrà così capire che vogliamo aiutarlo ad essere migliore, che gli vogliamo così bene da volerlo aiutare a non fare altri errori.

Per rinforzare la sua autostima e minimizzare lo sconforto che segue ogni sbaglio, può essere utile fargli notare le situazioni nelle quali è stato capace di controllo e di comportamenti positivi; per questo non servono premi o regali, ma è più importante manifestare la nostra soddisfazione e approvazione, il nostro piacere sarà anche il suo e questo sentimento saprà legarci ancora di più.

Per gran parte dell’infanzia il bambino ha nei propri genitori l’unico riferimento morale: la vera punizione è sapere di aver dispiaciuto alla mamma e al papà; il vero premio è averli fatti contenti.

Per ora la nostra sofferenza e la nostra felicità sono la sua.