Go to Top

Il bambino secondo Janusz Korczak

image_pdfimage_print

Il bambino secondo Janusz Korczak

“Il bambino pensa con il sentimento, non con l’intelletto”.
Janusz Korczak (1878-1942)

Janusz non era uno psicologo, ma aveva trovato la chiave per entrare nel mondo dei bambini. Era pediatra, pedagogo, scrittore, poeta, libero pensatore. Era anche ebreo (il vero nome era Henryk Goldzmit) e per questo ha terminato prematuramente la sua vita nel campo di sterminio di Treblinka nel 1942 assieme a duecento bambini ospiti di quella Casa dell’Orfano che dirigeva da circa trent’anni a Varsavia.

L’opera e le idee di Korczak sono poco note nel nostro Paese perché solo da pochi anni alcuni dei suoi scritti più significativi sono stati tradotti e pubblicati dalla casa editrice Luni. La sua opera principale si intitola “Come amare il bambino” ed è stata scritta tra il 1914 e il 1918 e pubblicata in polacco nel 1920. Questo saggio, a nostro giudizio, non ha semplicemente un valore storico, ma contiene pensieri e riflessioni di grande attualità, in grado di stimolare e illuminare il nostro lavoro con i bambini.

Korczak si era specializzato in pediatria a Parigi e a Berlino e per sette anni aveva esercitato la professione in ospedale con notevole successo. Ben presto però si accorse che benessere, crescita e stato di salute rappresentano per il bambino un’unica realtà inscindibile. Scienziato e letterato sensibile, giunse a considerare limitante doversi occupare soltanto della patologia; per lui esercitare la pediatria rischiava di diventare un ostacolo per una comprensione più profonda del bambino e del suo mondo.

 Lentamente, ma con grande lucidità, maturò l’idea, oggi attualissima, che per aiutare i bambini a crescere occorreva considerarli nella loro globalità e integrità, unificando i saperi della medicina, della psicologia, della pedagogia, della sociologia, ma anche della storia, della poesia, della religione…

Korczak aveva imparato a vedere il mondo con gli occhi dei bambini. Lo dimostra anche un suo romanzo, intitolato “Quando ridiventerò bambino” del 1924, nel quale racconta la giornata di un bambino di otto anni attraverso il suo particolare punto di vista. Nei suoi scritti sono numerose le sollecitazioni per “entrare” nell’ottica del bambino (o per tornare a vedere il mondo come quando eravamo piccoli). Sul tema dei diritti del bambino Korczak si è dimostrato particolarmente profondo, lucido e in grande anticipo rispetto alla società del suo tempo: nel 1929 scrisse “Il diritto del bambino al rispetto”, un’intera opera dedicata a questo argomento.

 Con parole appassionate Korczak spiega che è possibile riconoscere i diritti dei bambini soltanto quando si è capaci di capire i bambini, il loro mondo e i loro bisogni di crescita, quando si è capaci di vedere e di sentire come vedono e sentono loro, quando si riesce a considerare il loro mondo allo stesso livello di importanza del nostro: questo aveva imparato dai suoi ragazzi, questo era stato capace di fare nel corso della sua vita.

BRANI TRATTI DA “COME AMARE IL BAMBINO” DI JANUZ KORCZAK, 1920
(la suddivisione per argomento è del curatore al fine di facilitare la lettura)

Gravidanza

Dici: -il mio bambino-. Quando, se non durante la gravidanza, ne hai maggior diritto ? Il battito del suo cuore, minuscolo come un nocciolo di pesca, è eco del tuo. Il tuo respiro porta ossigeno anche a lui. Un unico sangue scorre in lui e in te, e neanche una delle sue rosse gocce potrebbe dire di sapere se rimarrà tua o se diverrà sua (…).

 Il boccone di pane che stai masticando gli serve per formare le gambe sulle quali un giorno correrà, la pelle che lo rivestirà, gli occhi con cui guarderà, il cervello in cui farà risplendere il pensiero, le mani che tenderà verso di te.

Fra quindici anni lui guarderà verso il futuro, tu verso il passato. In te ricordi e abitudini, in lui tendenza ai cambiamenti e fiere speranze. Tu dubiterai, lui attenderà con fiducia, tu paventerai, lui non avrà timore.

Puericultura e allattamento

Una cosa strana: prima il figlio le era più vicino, adesso era più suo; era più certa della sua salute, lo capiva di più. Riteneva di sapere, di essere capace. Dal momento in cui mani estranee – esperte, pagate per questo, sicure del fatto loro – si sono prese cura di lui, lei, sola, relegata in secondo piano, si sente inquieta. Il mondo glielo sta già togliendo.

A volte i genitori non vogliono sapere quello che sanno, né vedere quello che vedono. (…)

Tutte le madri sono in grado di allattare, tutte hanno una quantità di latte sufficiente; solo la mancata conoscenza della tecnica di allattamento le priva di questa innata capacità. (…) L’allattamento, infatti, è la prosecuzione della gravidanza, allorchè il bambino si è trasferito dall’interno all’esterno, si è separato dalla placenta, ha afferrato il seno e beve non più rosso, ma bianco sangue. Beve sangue ? Sì, sangue della madre, perché è questa la legge della natura (…).

Quante volte al giorno il bambino dovrebbe essere allattato ? Da quattro a quindici. Quanto deve durare la poppata ?

Da quattro minuti a tre quarti d’ora e più. Incontriamo seni facili e difficili, poveri o ricchi di nutrimento, con capezzoli buoni e meno buoni, resistenti e delicati. Incontriamo bambini che poppano energicamente, discontinuamente e pigramente. Non esiste quindi una regola valida per tutti (…).

La bilancia può essere un consigliere infallibile, quando dice ciò che sta accadendo; può diventare un tiranno quando la usiamo per realizzare la “normale” crescita del bambino dettata dagli schemi. Mi auguro che non passeremo dal pregiudizio delle “feci verdi” a quello della “curva ideale” (…)

Allorchè al bambino non basti il latte delle poppate, occorrerà completare l’alimentazione gradualmente, aspettando sempre le reazioni del suo organismo, dandogli di tutto, a seconda delle risposte del bambino stesso.

Ogni opuscolo (di puericultura) in voga ricopia dai manuali quelle piccole verità valide per i bambini in generale, ma che diventano menzogne per il tuo in particolare. (A proposito di svezzamento) occorre distinguere la scienza della salute dal commercio col pretesto della salute (…).

Primo anno di vita

Finchè la mortalità infantile era tanto spaventosamente alta, tutta l’attenzione della scienza era costretta a concentrarsi su biberon e pannolini. Oggi, forse fra poco, oltre che della vita vegetativa, potremo occuparci chiaramente della vita e dello sviluppo psichico del bambino nel primo anno di vita. Ciò che è stato fatto finora non rappresenta che un inizio. Infinito è il numero dei problemi psicologici e delle conseguenze che stanno al confine fra soma e psiche del lattante. (…)

 Se vogliamo conoscere le forme primogenie dei pensieri, dei sentimenti e delle aspirazioni prima che si sviluppino, si differenzino e si definiscano, dobbiamo rivolgerci a lui, al lattante.

Soltanto una sconfinata ignoranza e superficialità dello sguardo possono negare l’evidenza che il lattante possiede una individualità ben precisa e determinata, in cui confluiscono temperamento innato, energia, intelletto, senso di benessere ed esperienze vitali.

La vista. Il profilo del viso, come la falce della luna; solo il mento e la bocca quando il bambino la guarda da sotto in su; lo stesso viso, questa volta con gli occhi, quando guarda dal basso accomodato sulle ginocchia della madre e ancora con i capelli, se essa si china di più. Ma l’udito e l’olfatto dicono che è la stessa cosa. (…) Il lattante non sa che seno, viso, mani formano un’unità – la madre.

Parla con il linguaggio mimico, pensa con il linguaggio delle immagini e dei ricordi delle sensazioni provate (…). Pensa con le immagini della passeggiata e con i ricordi delle sensazioni provate durante le passeggiate precedenti.

Accettare lo sviluppo dell’intelletto del lattante è oltremodo difficile perché egli impara molte volte e molte volte dimentica: è uno sviluppo a più fasi, intervallato da pause e regressioni.

Sviluppo psicomotorio e crescita

Jedrek è un bambino di campagna. Cammina già. Si tiene allo stipite della porta e, scivolando cautamente fuori dello stanzone, va nell’atrio. Dall’atrio procede gattoni sui due gradini di pietra. Davanti alla casa incontra un gatto: si guardano un po’ e ognuno riprende la propria strada. Inciampa in un grumo d’argilla, si arresta, guarda. Ha trovato un bastoncino, siede, scava nella sabbia. C’è una buccia di patata, la porta alle labbra, sabbia in bocca, fa una smorfia, sputa, getta via. Si rialza in piedi, corre incontro al cane; il cane lo fa cadere, il bruto.

Fa già la smorfia di piangere, no: si è ricordato qualcosa, trascina la scopa. La mamma sta andando per acqua; si attacca alle sue gonne e cammina già più sicuro. Un gruppo di bambini più grandi, hanno un carretto, li guarda: lo mandano via, lui rimane in disparte e guarda. Due galletti si azzuffano, lui guarda. Lo mettono sul carrettino, lo portano, lo rovesciano. La mamma chiama. E’ la prima mezz’ora delle sedici ore della sua giornata.

Se gli prendi il cucchiaio, con il quale picchia sulla tavola, non lo privi di una cosa posseduta, ma della proprietà che ha la mano di scaricare energia e di esprimersi mediante il rumore.

Ha lasciato cadere a terra un bicchiere. E’ successa una cosa molto strana. Il bicchiere è sparito, e al suo posto sono comparsi degli oggetti completamente diversi. Si china, prende in mano un vetro, si ferisce, si fa male, dal dito cola il sangue. Tutto è pieno di misteri e di sorprese.

Dicono che ci sia una luna sola, ma la si vede dappertutto. – Senti, io mi metterò dietro la siepe, e tu mettiti in giardino – Hanno chiuso il cancello. – Allora, c’è la luna in giardino ?- C’è – Anche qui c’è – Si sono scambiati di posto, hanno verificato un’altra volta: ora sono sicuri che di lune ce ne sono due.

Che vita difficile hanno questi nani nel paese dei giganti ! Sempre con la testa in su per vedere qualcosa. La finestra è in alto come in prigione. Per sedersi su una seggiola, bisogna essere un acrobata.

Il bambino piccolo si sforza di conoscere se stesso, il mondo vivo e il mondo inanimato che lo circonda, perché a questo è legato il suo successo. Domandando: “che cos’è questo ?” con la parola e con lo sguardo, non vuole un nome, ma una valutazione.

Il lattante, che all’inizio triplica il peso nel corso di un anno, ha diritto a riposarsi. La velocità fulminea con la quale si compie il suo sviluppo psichico gli dà anche il diritto di dimenticare qualcosina di quanto già sapeva e noi avevamo immaturamente registrato come sua acquisizione definitiva.

Vale questo principio: il bambino deve mangiare quanto vuole, né più né meno. Anche durante l’alimentazione forzata del bambino malato, il cambiamento di dieta può essere determinato soltanto con la sua partecipazione e la cura deve essere condotta sotto il suo stesso controllo.

Costringere i bambini a dormire quando non ne hanno voglia è un delitto. La tabella che proclama quante ore di sonno sono necessarie al bambino è un assurdo. Il bambino pensa con il sentimento, non con l’intelletto.

Pericoli

L’indipendenza mi pare significhi possesso: io dispongo della mia persona. Nella libertà esiste un elemento volitivo e quindi di azione che sgorga dalla volontà. Le nostre stanze dei bambini con i mobili sistemati simmetricamente, i nostri giardini pubblici leccati non sono il campo dove si può manifestare l’indipendenza, né un laboratorio dove l’attiva volontà del bambino possa concretizzarsi.

Dappertutto trappole e pericoli, minacce e disgrazie che incombono. E se il bambino ti crederà e non mangerà di nascosto una libbra di prugne e ingannando la vigilanza con il batticuore non giocherà in un angolo con i fiammiferi, se ubbidiente, passivo, fiducioso, si sottometterà alla richiesta di evitare tutte le esperienze, di rinunciare a prove e tentativi, di schivare gli sforzi, ogni moto della volontà, che farà quando nel suo intimo sentirà qualcosa che ferisce, che brucia, morde ?

Per timore che la morte possa strapparci il bambino, strappiamo il bambino alla vita; per impedire che muoia non lo lasciamo vivere (…). Per un domani che non capisce né ha bisogno di capire lo derubiamo di molti anni di vita.

Pedagogia

Non: fa ciò che vuoi, ma: farò, comprerò, ti darò tutto quello che vuoi, ma tu devi chiedere soltanto ciò che io posso darti o comprarti o fare per te.

L’egocentrismo della visione del mondo infantile è anche mancanza di esperienza (…) Si potrebbe chiamare egocentrica visione dell’attimo presente il fatto che il bambino, per mancanza di esperienza, vive soltanto del presente. Un gioco rimandato di una settimana smette di essere realtà. D’estate l’inverno diventa una leggenda.

Il bambino conosce coloro che lo circondano, i loro umori, le loro abitudini, le loro debolezze (…). Sente la benevolenza, indovina l’ipocrisia, afferra al volo il ridicolo. Legge in faccia, come il contadino predice il tempo osservando il cielo.

Noia, il bambino non si sente in forma: quindi ha troppo caldo, ha freddo, ha fame, ha sete, mangia troppo, è sonnolento e dorme troppo, sente dei dolori e si stanca. (…) A volte provoca intenzionalmente una scenata, per ottenere nella prevedibile punizione la forte emozione che cercava.

Il gioco non è tanto l’elemento del bambino, quanto l’unico campo in cui gli permettiamo di prendere iniziativa in senso stretto o più in generale. (…) Al gioco il bambino ha diritto.Conviene ricordare che il successo del bambino non dipende solamente da come lo giudicano gli adulti, ma, in grado eguale o addirittura superiore, dall’opinione dei coetanei.

Se qualcuno ha combinato qualcosa di male, la cosa migliore è perdonarlo. Se l’ha fatto perché non sapeva, adesso sa. Se l’ha fatto involontariamente, nel futuro sarà più prudente. Se l’ha fatto perché fa fatica ad abituarsi, cercherà di essere più bravo. Se l’ha fatto perché qualcuno l’ha indotto, in futuro non seguirà più quei consigli. Se qualcuno ha fatto qualcosa di male, la cosa migliore è perdonarlo, aspettare finchè non si sarà ravveduto.

Nella teoria dell’educazione ci scordiamo che dobbiamo insegnare al bambino non solo ad apprezzare la verità, ma anche a riconoscere la menzogna, non solo ad amare, ma anche a odiare, non solo a stimare, ma anche a disprezzare, non solo ad acconsentire, ma anche a indignarsi, non solo a sottomettersi, ma anche a ribellarsi.

Il bambino vuole che l’educatore gli dimostri cordialità proprio nel momento in cui è davvero in colpa, quando è cattivo, quando ha avuto guai. Un vetro rotto, l’inchiostro versato, i vestiti strappati sono iniziative fallite (…)

Forse è la compassione l’unico sentimento benevolo che il bambino prova costantemente nei nostri confronti. “Ci deve essere qualcosa che non va, se sono sempre così infelici. Il papà poverino deve lavorare, la mamma è debole, fra non molto moriranno, non bisogna disturbarli”.

(Vogliamo) un educatore che non schiaccia ma libera, non trascina ma innalza, non opprime ma forma, non impone ma insegna, non esige ma chiede (…)

L’educatore, se si è preparato a questo momento per lunghi anni, osservando attentamente il bambino, può proporgli un programma su come arrivare a conoscersi, come vincersi, quali sforzi affrontare, come cercare la propria strada nella vita. Ritengo che molti bambini crescano nella repulsione per la virtù proprio perché gliela inculcano senza pausa, fanno indigestione di parole nobili.

Diritti del bambino

  • Diritto alla morte
  • Diritto alla sua vita presente
  • Diritto a essere quello che è
  • Diritto a esprimere ciò che pensa
  • Diritto a prendere attivamente parte alle considerazioni e alle sentenze che lo riguardano
  • Diritto al rispetto
  • Rispetto per la sua ignoranza
  • Rispetto per la sua laboriosa ricerca della conoscenza
  • Rispetto per le sue sconfitte e le sue lacrime
  • Rispetto per la sua proprietà
  • Rispetto per i colpi che gli riserva il duro lavoro della crescita
  • Rispetto per ogni suo minuto che passa, perché morirà e non tornerà più e un minuto ferito comincerà a sanguinare
  • Il bambino ha diritto di volere, di chiedere, di reclamare – ha il diritto di crescere e maturare e, giunto alla maturità, di dare i suoi frutti.

Quando parlo o gioco con un bambino, un istante della mia vita si unisce a un istante della sua e questi due istanti hanno la stessa maturità.

Carichiamo (l’infanzia) del fardello dei doveri dell’uomo di domani, senza riconoscerle alcuno dei diritti dell’uomo d’oggi.

Il bambino cresce, vive con intensità sempre maggiore, la sua respirazione si fa più rapida, il cuore batte più veloce; costruisce il suo essere, si sviluppa, si addentra più profondamente nella vita. Cresce giorno e notte: durante il sonno, mentre gioca, ride o piange e anche quando commette delle sciocchezze.

(…) e quando finalmente il domani è arrivato, noi aspettiamo ancora, giacchè l’opinione di fondo che il bambino non è ancora nulla, ma che sarà, che non sa ancora nulla, ma saprà, che non può ancora nulla, ma potrà, ci costringe ad una continua attesa. La metà dell’umanità non esiste nel pieno senso della parola; la sua vita non è che un gioco; le sue aspirazioni sono ingenue, i suoi sentimenti fugaci, le sue opinioni ridicole. I bambini sono diversi dagli adulti, manca qualcosa nella loro vita, eppure c’è qualcosa in più che nella nostra.

I bambini costituiscono una percentuale importante dell’umanità, delle sue genti, popoli e nazioni, in quanto abitanti, concittadini nostri, nostri compagni di sempre. Sono stati, sono, saranno. Una vita tanto per ridere non esiste. No, l’infanzia sono lunghi e importanti anni nella vita di un uomo.

Lasciamo che il bambino si abbeveri fiducioso nell’allegria del mattino (…)

~

Opere di Korczak edite in italiano:

“Come amare il bambino” (1920)  1996  Luni
“Il diritto del bambino al rispetto” (1929)  2004  Luni
“Quando ridiventerò bambino” (1924)  1995  Luni
“Diario del ghetto”  1997  Luni

In lingua originale (polacco) sono reperibili 28 libri, alcuni dei quali tradotti in varie lingue (soprattutto tedesco, inglese, russo ed ebraico). Oltre ai saggi e ai romanzi Korczak ha scritto numerosi libri per bambini, soltanto in minima parte tradotti in italiano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *